Il giudice, sentito il difensore dell'imputato, che ha insistito, per il proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesta avanzata dal pubblico ministero e dal difensore di parte civile diretta ad ottenere la proposizione davanti alla Corte costiuzionale di conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera dell'assemblea del 13 febbraio 2001 che, in accoglimento della proposta formulata dalla giunta per le autorizzazioni a procedere, ha dichiarato non sindacabili, a norma dell'art. 68, primo comma della Costituzione, le opinioni espresse dall'imputato che costituiscono oggetto del presente processo penale. L'allora onorevole Giancarlo Cito e' stato tratto a giudizio davanti a questo tribunale con decreto che dispone il giudizio emesso dal giudice dell'udienza preliminare in data 7 luglio 1999, in relazione al reato di cui agli artt. 595 commi secondo e terzo c.p. e 13 e 21 legge n. 47 del 1948, «per avere offeso la reputazione di Domina Liborio durante la conferenza stampa del 22 agosto 1998 trasmessa dalle emittenti televisive "Super Sette" e "Videolevante", prospettando specificamente che il dissenso politico del Domina, quale consigliere comunale, nei confronti del sindaco, era collegato al mancato conferimento dell'incarico alla di lui figlia ("Domina che ce l'ha con il sindaco e ce l'ha con gli altri. Siccome alla figlia di Domina non e' stato dato questo incarico da manager, il Domina scende sul piede di guerra") ed allo stesso Domina ("il Domina chiedeva l'incarico - lui diceva la delega - al personale"); accertato in Taranto il 1° ottobre 1998». In via preliminare all'apertura del dibattimento, in data 18 gennaio 2001, veniva depositata nota del Presidente della Camera con la quale si rendeva noto all'ufficio che, avendo il deputato Giancarlo Cito rappresentato la pendenza a suo carico del presente procedimento penale, della questione, attinente alla materia delle immunita' parlamentari, era stata investita la giunta per le autorizzazioni a procedere. Rinviato il processo per evidenti ragioni di opportunita', all'udienza del 6 febbraio 2002 veniva depositata la menzionata delibera della Camera dei deputati che si pronunciava in conformita' al parere della giunta, nel senso che «i fatti per i quali e' in corso il procedimento concernono opinioni espresse dal deputato Cito nell'esercizio delle sue funzioni» come tali insindacabili. Segnatamente, la Camera recepiva le valutazioni espresse dai componenti della giunta nella persona del relatore Michele Saponara, secondo cui «le affermazioni dell'onorevole Cito si inseriscono nel contesto di una polemica politica e che nelle parole dell'onorevole Cito non possa ravvisarsi uno specifico intento diffamatorio nei confronti del Domina». Premesso quanto sopra, si rileva in primo luogo che all'anzidetta deliberazione della Camera consegue l'effetto inibitorio alla prosecuzione del presente giudizio, non potendo questo giudice prescindere dalla decisione assunta in via definitiva da un potere dello Stato. Invero, in ottemperanza al principio del bilanciamento di interessi operato dal costituente tra la garanzia di indipendenza e autonomia del potere legislativo nei confronti degli altri organi e poteri dello Stato, a tutela del quale e' posto l'art. 68 Cost. e il diritto alla tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost. dei cittadini che si reputino offesi nell'onore da opinioni espresse da un parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni (cfr. Corte cost. n. 1150 del 1998), siffatta pronuncia impone al giudicante che non condivida la stessa di sollecitare all'organo competente un controllo circa la correttezza dell'esercizio del potere conferito alla Camera dei deputati, mediante lo strumento del ricorso al conflitto di attribuzione, a norma dell'art. 27 legge n. 87/1953, al fine di verificare se sussistano i presupposti richiesti dall'art. 68 della Costituzione e cioe' la riferibilita' della condotta contestata all'imputato alle funzioni parlamentari. Questo giudice ritiene di aderire alla richiesta di proposizione del conflitto formulata dal pubblico ministero e dalla parte civile, sul presupposto che la propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita ai sensi dell'art. 101 Cost., e' stata a suo parere illegittimamente menomata dalla decisione della Camera dei deputati per effetto della citata delibera. E' noto come, secondo l'opinione giurisprudenziale manifestata dalla Consulta (cfr. Corte costituzionale 18 luglio 1998 n. 289 e piu' di recente Corte costituzionale 17 gennaio 2000 n. 10 - 11 e 15 febbraio 2000 n. 56 e da ultimo sentenza 20 - 23 maggio 2002), la guarentigia dell'insindacabilita' opera solo in relazione a dichiarazioni riconducibili strictu sensu all'attivita' parlamentare, rimanendo invece escluse dalla sua sfera tutte quelle altre affermazioni che non siano annoverabili quali o teleologicamente collegate «agli atti tipici della funzione». Deve esserci dunque un preciso nesso funzionale tra la dichiarazione e l'attivita' parlamentare: nesso che puo' legittimamente essere affermato anche quando le dichiarazioni siano sostanzialmente riproduttive delle opinioni sostenute in sede parlamentare. L'insindacabilita' si estende dunque a tutte le altre sedi e occasioni in cui l'opinione sia riprodotta nel suo contenuto sostanziale, ovvero allorquando vi sia sostanziale corrispondenza tra le dichiarazioni del parlamentare e le opinioni espresse nell'ambito dell'esercizio della funzione istituzionale tipica. Orbene, dal semplice esame delle opinioni espresse dall'onorevole Cito nella conferenza stampa del 22 agosto 1998 trasmessa dalle emittenti televisive locali Super sette e Videolevante, emerge la loro estraneita' rispetto alla funzione parlamentare svolta dal medesimo, essendo invece palese la loro attinenza a questioni di carattere locale. Invero, stando alle espressioni rivolte dal Cito all'indirizzo del consigliere comunale Liborio Domina e oggetto dell'imputazione in esame, questi avrebbe espresso il proprio dissenso politico nei confronti del sindaco, a causa del mancato conferimento di un incarico relativo al governo della citta' alla di lui figlia. Il Cito ha altresi' aggiunto che lo stesso Domina «chiedeva l'incarico - lui diceva la delega - al personale». Anche ammettendo che le predette espressioni si inseriscano - come ha osservato il relatore alla giunta Saponara - in una «polemica politica», e' comunque evidente che la stessa attiene ai rapporti tra il sindaco di Taranto e un consigliere comunale e dunque vicende circoscritte all'ambito del Comune di Taranto, che nulla hanno a che fare con la funzione di parlamentare all'epoca esercitata dal Cito. Ora, essendo la funzione di parlamentare dotata di rilievo nazionale, non puo' ritenersi, in assenza di specifiche connessioni da dimostrarsi in concreto, la sussistenza di alcun nesso con questioni attinenti i rapporti tra esponenti politici di un organismo locale quel e' il consiglio comunale. Non sussiste dunque nel caso di specie il requisito del «collegamento funzionale» tra le opinioni espresse e la funzione svolta dal parlamentare, richiesto dalla piu' recente giurisprudenza della Consulta al fine di ritenere che le stesse rientrino nell'immunita' di cui all'art. 68, primo comma della Costituzione. Ritiene peraltro questo giudice che la Camera abbia travalicato l'ambito delle proprie attribuzioni costituzionalmente riconosciute, laddove ha recepito il parere della giunta stando al quale nelle parole dell'on. Cito non potrebbe ravvisarsi uno specifico intento diffamatorio nei confronti del Domina. Invero, la valutazione in ordine al carattere diffamatorio delle opinioni espresse e' di specifica competenza dell'organo giurisdizionale, mentre alla Camera e' demandato esclusivamente il pronunciamento sul collegamento tra le opinioni espresse dal deputato e la funzione parlamentare dal medesimo svolta. Anche sotto questo profilo si ritiene dunque che la Camera, con la delibera in esame, abbia travalicato la propria sfera di attribuzioni. Per tutte queste ragioni, in definitiva, il giudice del procedimento penale n. 5686/1999 R.G. Tribunale di Taranto, a carico di Cito Giancarlo, ritiene illegittimamente menomata la propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita, per effetto della delibera del 13 febbraio 2001 in atti assunta dalla Camera dei deputati, che ha stabilito che i fatti oggetto del presente procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle funzioni.